Nessun approccio «minimalista e fallimentare»: abrogare la legge 194 iniziando dal suo finanziamento pubblico, perché «utilizzare i soldi degli italiani per uccidere i nostri bambini è un’ingiustizia tremenda». Questo è quanto chiederà alla politica la Marcia nazionale per la Vita, il più grande evento pro-life che il prossimo 18 maggio riempirà il centro di Roma con numeri mai avuti prima. Parla Virginia Coda Nunziante, portavoce della Marcia.
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Il 18 maggio si svolgerà a Roma la IX edizione della Marcia per la Vita. Quali sono le novità di quest’anno?
Più che novità sottolineerei la continuità del nostro percorso. Siamo ormai giunti alla IX edizione e la Marcia è ormai consolidata sul piano nazionale ed internazionale. La nostra forza sta nella coerenza con cui continuiamo a manifestare il nostro no all’aborto. L’aborto è una ferita profondissima nel corpo sociale italiano, ferita che non si può cicatrizzare. Ogni anno, dunque, a noi sta il compito di risollevare il problema e proporre la soluzione.
Qual è la soluzione?
L’abrogazione totale della legge 194. Questa è l’unica medicina giusta per curare questa ferita. Il nostro è il rifiuto totale di una legge che uccide i nostri bambini.
Anche se rimangono sacche enormi di ideologia (per il Comune di Milano se vuoi partecipare ad un bando per ristrutturare un immobile devi essere a favore dell’aborto) il clima politico in Italia sembra essere più ricettivo. Partiti come Fratelli d’Italia, Lega e parte di FI sembrano più disposti ad ascoltare le ragioni dei pro-life.
Sono d’accordo. Questa nuova sensibilità del mondo politico nasce a mio avviso da due fattori. Innanzitutto ci si rende conto, anche da dati oggettivi come quelli Istat, dell’enorme problema della denatalità, emergenza che ha ricadute immediate in ogni settore, a iniziare da quello economico.
L’altro fattore che sta facendo aprire gli occhi alla politica è lo sviluppo di quel movimento pro-life italiano – di cui la Marcia per la Vita è un’importante espressione – che ha rimesso al centro il tema dell’aborto e della contraccezione, due dei fattori che provocano quel crollo della natalità che oggi è sotto gli occhi di tutti.
In Formula 1 le macchine prendono velocità con quello che si chiama “effetto scia”: a suo avviso la Marcia per la Vita di Roma potrà contare sull’“effetto Verona”?
Anche io ero in piazza a Verona ma è ancora presto per poter valutare l’apporto della tre giorni della città scaligera. Sono convinta però che quanto accaduto ha palesato a tutti l’esistenza di un Popolo della vita e della famiglia sempre più determinato ad andare avanti, pronto anche a scendere in piazza finché non otterrà quello che chiede. L’altra cosa che l’appuntamento veronese ha reso chiaro agli italiani è la carica di odio di cui è capace un altro popolo, fortunatamente minoritario in Italia, che è quello che porta avanti la “cultura della morte”. Hanno dalla loro tutti i media, hanno i mezzi economici, ma non rappresentano il popolo italiano.
È stato detto che la violenza mediatica ha rafforzato «la percezione della portata controcorrente e profetica dei propri valori». É d’accordo?
Certo, perché quella in corso è una vera e propria battaglia. Suor Lucia dos Santos, una delle veggenti di Fatima, aveva profetizzato che «lo scontro finale tra Dio e Satana» sarebbe stato «su famiglia e vita».
A Rio de Janeiro, nel ’97, papa Giovanni Paolo II parlò apertamente di «nemici di Dio» all’opera «attorno alla famiglia e alla vita». Mi auguro che dopo Verona il movimento pro-life e pro-family abbia realmente compreso che questa battaglia va affrontata con un’attitudine psicologica e spirituale combattiva, non remissiva e condiscendente.
Il rafforzamento del popolo della vita in una dimensione psicologica e spirituale si nota anche nell’organizzazione e nei numeri della Marcia per la Vita?
Presiedo all’organizzazione della Marcia per la Vita di Roma da diverse edizioni e mai come quest’anno noto che il coordinamento e le prenotazioni dei pullman che da tutta Italia porteranno le persone a Roma a difesa della vita sono partite in netto anticipo. C’è un grande fermento. Segno che un popolo si sta svegliando e che tutte le battaglie in difesa del bene – che siano per la vita o per la famiglia – essendo complementari interagiscono tra loro, accrescono i numeri dei partecipanti agli eventi, donano nuova forza e soprattutto nuova consapevolezza. È un effetto contagio che dà speranza.
Molti italiani si stanno accorgendo che c’è una parte della legge 194 non ancora applicata, quella che promette aiuti economici alle donne costrette ad abortire per mancanza di possibilità economiche. Ora può succedere di tutto, non trova?
Secondo me parlare di applicazione integrale della legge 194 è un pericoloso errore perché, ripeto, la legge va rifiutata in toto. Mi rendo conto benissimo che questo è un obiettivo finale, non raggiungibile a breve, ma il fine per cui dobbiamo batterci non è quello di applicare la legge sull’aborto in tutte le sue parti – approccio minimalista e fallimentare – piuttosto di smontarla pezzo per pezzo.
Qual è il primo pezzo da smontare della 194?
Sicuramente l’abolizione del finanziamento pubblico all’aborto. Penso che questo sia un obiettivo realistico anche per i nostri politici. Pochi giorni fa, per un infarto, a causa di un’autombulanza che non è mai arrivata, è morta una mia conoscente. Troviamo assurdo che con una sanità che fa acqua da tutte le parti, una donna che desidera abortire non solo viene immediatamente ricoverata, addirittura il giorno dopo la sua richiesta, ma dalla collettività le viene pagato tutto. Ecco, utilizzare i soldi pubblici, quelli degli italiani, per uccidere i nostri bambini è un’ingiustizia tremenda. Si parta da qui.
«Ma come può essere terapeutico, civile, o semplicemente umano un atto che sopprime la vita innocente e inerme nel suo sbocciare? Vi domando: è giusto affittare un sicario per risolvere un problema?». Anche se i media – che pure citano il Papa quando fa loro comodo – lo hanno ignorato, Papa Francesco sull’aborto è stato chiarissimo. Quale crede che sarà l’atteggiamento della Chiesa rispetto alla prossima Marcia per la Vita?
È vero che papa Francesco si è sempre espresso contro l’aborto. Ricordo che nel 2013 scese addirittura in piazza San Pietro per incontrare i partecipanti alla Marcia. Era il primo anno della sua elezione. Certamente ci farebbe piacere un impegno maggiore dei nostri vescovi come accade con altre marce per la vita nel mondo. Ci saranno sicuramente dei vescovi che il 18 maggio marceranno a Roma con noi ma preferisco non fare nomi per evitare che possano subire pressioni e magari desistere dall’intento. La nostra Marcia, comunque, rimane un’iniziativa di laici, per cui non ecclesiale, oltre che totalmente indipendente dai partiti politici.
È notizia di questi giorni che l’industria di Hollywood ricatta la Georgia, stato americano che mira a diminuire gli aborti, segno che la cultura radicale continua a smaniare per l’aborto libero e senza limiti.
La lettera di protesta dei 115 divi di Hollywood è vergognosa, basata com’è sul potere del ricatto: portare via l’industria cinematografica dalla Georgia e quindi risorse economiche dal paese. A fronte di quest’arroganza, però, c’è un’America che ha uno spirito radicalmente diverso. Il partito radical-chic di Hollywood non corrisponde minimamente al sentimento profondo della maggioranza degli americani.
Come per i contestatori a cui accennavo, anche qui siamo di fronte ad una minoranza, certamente potente quanto a soldi e a mezzi, che sfrutta la fama per imporre il suo pensiero; ma ciò si scontra, per esempio, con il grandissimo successo della Marcia per la Vita di Washington. In quella che è considerata la “madre” di tutte le Marce ci sono persone vere, c’è un’America profonda che scende in piazza da 40 anni con numeri sempre crescenti. Ma c’è di più.
Cioè?
Trump ha già nominato due giudici pro-life alla Corte suprema, se cambierà ancora l’equilibrio della Corte – cosa altamente probabile con questa presidenza – ci sarà una svolta epocale in tema di aborto. Proprio dagli Stati Uniti potrebbe arrivare in tutto il mondo un segnale radicalmente contrario all’aborto.
Il presente degli Stati Uniti, però, parla di una legge varata dallo stato di New York che permette l’aborto addirittura al nono mese (nonché dei disperati tentativi dei media nostrani di trattare la notizia come fake news).
L’aborto al nono mese non è altro che la conseguenza di questa cultura di morte, di questa mentalità abortista che non si ferma. È uno spaventoso passo avanti, chiaro, ma non è ancora tutto. Giungeremo presto a ciò che vogliono veramente: l’infanticidio. D’altronde per loro la logica è unica e coerente: così come puoi uccidere il bambino a 3 mesi, lo puoi fare a 6 mesi, a 9 mesi e anche fuori dal grembo materno. Non c’è alcuna differenza.
Come spiega quest’“escalation del male”?
Credo che in America le lobbies abortiste premano il piede sull’acceleratore proprio perché il presidente Trump ha tolto i finanziamenti alla Planned Parenthood, e agendo sulla Corte Suprema potrebbe invertire la rotta. Gli abortisti ci insegnano che, in una lotta, la miglior difesa è sempre l’attacco.
Anche per opporsi a questo scempio è importante essere a Roma sabato 18 maggio.
Valerio Pece, per http://lanuovabq.it/it/marcia-per-la-vita-obiettivo-smantellare-la-legge-194