Rischieremo ogni cosa per salvare alcune vite umane. Perché non tutte?
I periodi di difficoltà e crisi tendono a far venir fuori il nostro vero io. Le indicazioni così emerse non sono sempre confortanti. Ad esempio, un uomo può essere convinto di essere particolarmente coraggioso, ma se un giorno finisse all’improvviso in una situazione di pericolo, potrebbe scoprire – con sua grande sorpresa – di essersi voltato e fuggito via.
Siamo entrati in un periodo di difficoltà. Una pandemia che si diffonde velocemente in tutto il globo. Sono già morte decine di migliaia di persone e sembra probabile che decine di migliaia di persone moriranno prima che la pandemia finisca. Se, solo un mese fa, sembrava che il mondo fosse sotto controllo, ora sta cambiando tutto. Un mese fa, stavamo pianificando con tranquillità il mese, l’anno successivo o persino i prossimi cinque anni; ora ci chiediamo che cosa succederà domani. Per molti è stato un trauma, il fatto che la scienza medica moderna non abbia eliminato per sempre, come ingenuamente pensavamo, lo spettro delle grandi epidemie di malattie trasmissibili. Siamo messi alla prova nel crogiolo delle difficoltà.
Anche in tempi migliori, le cattive notizie non mancavano. Ora che le cattive notizie si stanno realizzando concretamente su scala globale, i media sembrano fin troppo desiderosi di far di tutto affinché nessuna terribile previsione o sviluppo passi inosservato. Disgraziatamente, con così tanti milioni di persone momentaneamente senza lavoro, molta gente non ha di meglio da fare che guardare sui propri televisori e cellulari in tempo reale il disastro che avanza. Il risultato è una paura diffusa. Alcune persone, come prevedibile, non rispondono bene. E così, oltre a sommergerci con le notizie angoscianti sul virus stesso, i media ci fanno sapere i vari modi nei quali le persone stanno reagendo in maniera squilibrata. Quindi, apprendiamo le notizie di come alcuni insultano o maltrattano le infermiere che stanno lavorando per salvare delle vite, perché hanno paura di essere contagiati. Leggiamo storie di come altre persone traggano cinicamente profitto dalla pandemia aumentando i prezzi dei beni fondamentali, di come i vicini di casa mettano alla gogna altri vicini per non aver seguito rigorosamente i protocolli di isolamento, e così via.
Riscoprire la dignità umana. Ma le prove non fanno emergere solo le debolezze; esse affinano, rafforzano e rivelano anche la forza che è già presente in noi. E la questione è che, se solo facciamo attenzione, ci sono molti aspetti assolutamente incoraggianti nella pandemia di coronavirus. A quanto pare, molte persone che vengono messe alla prova dalla pandemia di coronavirus si stanno dimostrando costituite da una tempra pura e robusta. Ad essere onesti, alcuni dei media raccontano anche queste storie: storie su come interi quartieri, città e paesi si stiano unendo per trovare soluzioni che soddisfino le esigenze degli anziani e degli altri soggetti a rischio; su come i vicini cantino insieme per tenere alto il morale; su come i sacerdoti stiano inventando nuovi modi per somministrare i sacramenti ai fedeli; dell’eroismo quotidiano di commessi, addetti alle consegne e molti altri che fanno andare avanti la nostra nazione; storie di eroismo davvero straordinario di innumerevoli dottori, infermieri, sacerdoti e molti altri che stanno seriamente mettendo a rischio la propria vita per curare e assistere i malati.
Soprattutto, stiamo imparando che valore diamo alla vita umana e quanti sacrifici siamo disposti a fare per salvare vite. Questo è stato l’argomento di un recente articolo apparso su The Catholic Thing. Nel mezzo della pandemia, scrive Hadley Arkes, “La premessa prevalente e fondamentale, che abbraccia tutti i paesi e tutte le ‘culture’ – e tutti i mezzi di comunicazione – è che il nostro dovere è proteggere la vita umana, tutte le vite umane. E per raggiungere questo obiettivo, siamo disposti a stravolgere quasi tutto quello che era considerato normale, e persino necessario, nelle nostre vite”.
L’ipocrisia rivelatrice del Governatore di New York. Il Governatore di New York, Andrew Cuomo, non è pro-vita, per usare un eufemismo. L’anno scorso, tra le altre cose orribili, è stato ben lieto di firmare un disegno di legge che consente l’aborto fino al momento della nascita. Ha persino ordinato che l’Empire State Building fosse illuminato di rosa per celebrare l’approvazione della legge. È stato grottesco. Eppure, la scorsa settimana, se n’è uscito fuori con un’intervista che contesta il darwinismo sociale – sì, lo ha definito così – per il quale si dovrebbero sacrificare consapevolmente alcune persone ritenute “meno adatte” o “meno importanti”, in particolare gli anziani, per motivi di crasso utilitarismo.
Alcune persone, ha affermato il Governatore Cuomo, sembrano sostenere una linea del tipo: “Bene, sacrificheremo solo gli anziani. Sono comunque anziani. E gli anziani vengono abbandonati”. A questo, Cuomo ha risposto: “Cos’è questa roba? Una moderna teoria darwiniana della selezione naturale? Non riesci a tenere il passo così il gruppo ti lascia indietro? Noi andiamo avanti e se non ce la fai a stare con noi, cadi sulla strada della vita? Dio non voglia”. Ha aggiunto: “Mia madre non è sacrificabile, e tua madre non è sacrificabile, e i nostri fratelli e sorelle non sono sacrificabili, e non accetteremo mai la premessa secondo cui la vita umana è disponibile”.
Giustissimo. E, come i pro vita hanno subito evidenziato, anche incredibilmente ipocrita.
Eppure, come afferma Arkes nel suo articolo su The Catholic Thing, non dovremmo respingere queste dichiarazioni solo perché sono ipocrite. Ipocrite lo sono sicuramente. Ma sono anche vere. Anzi, suggerisce Arkes, dovremmo trarre un certo conforto dal fatto che certe verità morali sono così profondamente radicate nella nostra identità culturale che la maggior parte di noi le dà del tutto per scontate: soprattutto, la verità che ogni essere umano ha valore e dignità infiniti. “In questa convinzione incrollabile di voler salvare vite umane, non c’è stata ombra di dubbio nemmeno tra gli opinionisti dei media liberali”, osserva Arkes. “Non sembrano dubitare che lo scopo principale sia quello di salvare le vite umane dei giovani e dei sani, nonché delle persone anziane e al termine della propria vita”.
Il mio obiettivo nello scrivere questo non è quello di entrare nel dibattito sul modo migliore per contrastare il coronavirus o su come trovare il giusto equilibrio tra i vari beni (incluso il bene di un’economia florida). È solo per sottolineare che c’è qualcosa di incoraggiante nel fatto che così tante persone si sono dimostrate disposte a cambiare così drasticamente la propria vita e a fare altri enormi sacrifici, anche se loro stessi sono a rischio di contagio del virus. A fondamento di questa volontà c’è la consapevolezza che ogni persona è preziosa; che le persone sono più importanti delle cose; e che la misura del valore di ogni persona, istituzione e società è se essa sia una minaccia o un beneficio per la vita e la dignità della persona umana. Al centro di questa volontà c’è un verità biblica fondamentale, che gli esseri umani sono in qualche modo straordinari e che siamo, come ci insegna la Genesi, “fatti a immagine e somiglianza di Dio”.
Un’incoerenza mortale. C’è una storia famosa che si racconta sull’antropologa Margaret Mead. Anni fa, una studentessa le chiese quale considerasse il primo segno di civiltà in una cultura. Ci si sarebbe aspettati che rispondesse indicando prove archeologiche che dimostrassero lo sviluppo dell’arte rappresentativa, la creazione di strumenti sofisticati o prove di pratiche religiose. Invece, ha parlato di un antico osso, un femore umano trovato in uno scavo archeologico. E cosa c’era di così straordinario in questo osso? Il fatto che fosse evidentemente fratturato … e curato. Come ha sottolineato la dottoressa Mead, nel regno animale, un femore rotto equivale a una condanna a morte. Con una tale ferita, un essere vivente non può muoversi e sarà inevitabilmente abbandonato dai suoi simili e cadrà vittima di predatori o morirà di fame. L’unico modo in cui questo uomo primitivo è potuto sopravvivere abbastanza a lungo da permettere all’osso di saldarsi è che i suoi simili si sono disinteressatamente presi cura delle sue necessità, assistendolo e proteggendolo e dandogli da mangiare e da bere.
Gli esseri umani non sono come gli altri animali. Noi conosciamo in qualche modo, come nessun altro animale, la dignità intrinseca e infinita e il valore dei nostri simili.
Ma non sempre.
Facilitare gli aborti durante la pandemia? Ad esempio, possiamo vedere il titolo di questo editoriale della redazione del New York Times della scorsa settimana: “Si deve facilitare l’aborto durante la pandemia – non ostacolarlo”. Non vi annoierò con il “ragionamento” demenziale degli autori dell’editoriale che respingono come “palese assurdità” l’affermazione secondo cui l’aborto è un servizio “non essenziale”. No. La “palese assurdità” è che una procedura medica che uccide un altro essere umano e non cura nessuna malattia possa essere considerata “essenziale”! Sfortunatamente, questo è il grande paradosso al centro della nostra cultura post-cristiana. Da un lato, la nostra cultura è intrisa di valori cristiani. La regola d’oro viene considerata dalla maggior parte delle persone come ovvia, anche se era tutt’altro che ovvia in molte culture pagane non cristiane, che brutalmente e consapevolmente, disumanizzavano e consideravano superflui coloro che non rispondevano a determinati criteri arbitrari.
Purtroppo, siamo ancora afflitti da questa stessa cecità, anche se dovremmo avere una maggiore consapevolezza! E così, nello stesso momento in cui il New York Times sostiene la necessità di fare sacrifici straordinari per salvare le vite delle persone più vulnerabili al Coronavirus, lo stesso giornale strepita per mettere a morte un’intera categoria di esseri umani ancora più vulnerabili – i bambini.
Battersi, richiamare l’attenzione, tutti! La dignità della persona umana è il fondamento di una visione morale della società. La nostra missione pro vita consiste nel richiamare l’attenzione delle persone su come la verità del valore e della dignità della vita umana – a cui la maggior parte della gente dice di credere – è nella nostra società ogni giorno brutalmente calpestata. Il Governatore Cuomo ha ragione: nessun essere umano è sacrificabile, non importa quanto esso sia debole o indifeso. Tuttavia, il darwinismo sociale che sacrifica il nascituro solo perché non si vede e perché ancora non “produce” qualcosa di valore costituisce una minaccia alla vita di gran lunga maggiore di questo virus che ha bloccato la nostra società.
Immaginiamo se noi, come società, fossimo impegnati a salvare la vita dei bambini non ancora nati anche solo un quarto, di quanto lo siamo a salvare i malati di coronavirus. Non dovremmo mai più arrenderci alle circostanze e accettare il fatto che una donna “ha dovuto” abortire il suo bambino perché era povera e non poteva permettersi di prendersi cura di suo figlio. Proprio come i governi rischiano tutto per sostenere chi momentaneamente non può lavorare per rendere possibile il contenimento di questo coronavirus, dovremmo fare tutto quello che è in nostro potere per identificare le donne in gravidanza che sono bisognose e assicurare loro tutti gli aiuti di cui necessitano per mantenere i loro figli. E proprio come molti Stati hanno prontamente dichiarato illegale esporre consapevolmente qualcuno a questo virus, così dovremmo fare tutto il possibile per dichiarare illegale andare in una “clinica” per uccidere il proprio figlio.
Come hanno dimostrato queste ultime settimane, siamo disposti a fare di tutto per proteggere la vita dei più deboli. Se fossimo coerenti in questa volontà, quanti milioni e milioni di vite umane potremmo salvare, a cominciare da oggi!
di Don Shenan J. Boquet, per Human Life International http://www.vitaumanainternazionale.org/2020/04/10/rischieremo-cosa-salvare-alcune-vite-umane-perche-non-tutte/