Come preannunciato un anno prima, sabato 19 maggio 2018 Roma ospiterà l’ottava edizione della Marcia nazionale per la vita.
Tuttavia, da qualche giorno, è stata annunciata la nascita di una seconda mini-marcia (meglio: un sit in) per la vita, rispetto alla quale un’amica mi scrive: «ho ricevuto anch’io l’invito… Assieme a tutta una serie di inviti a raduni di protesta per ottimi motivi… Mi sembrano tutti pazzi! Non è possibile indire 4 eventi a Roma uno di seguito all’altro… Non ho parole!».
Proviamo perciò a capirci qualcosa, partendo dal fatto che
– viviamo in un periodo di grande confusione anche operativa del laicato cattolico
– le marce sono entrambe reazioni dei cattolici alla scristianizzazione.
La prima significativa differenza è che la Marcia per la Vita – pur accogliendo ogni volta diversi vescovi – è nata come iniziativa totalmente laicale che, grazie a un lavoro quasi decennale su tutto il territorio nazionale, è partita con qualche centinaio di partecipanti per arrivare alle decine di migliaia attuali.
Dal canto suo, il sit in di Steadfast Onlus è – di fatto – espressione dei Family Day del 2015 e 2016 (viene promossa da Difendiamo i Nostri Figli dalla sera del 7 maggio), cioè – per la grande maggioranza dei partecipanti – del Cammino Neocatecumenale e (solo nel 2015) della Conferenza Episcopale.
Altra differenza è data dallo scopo della due iniziative: la Marcia per la Vita vuole estendere la base per una battaglia “senza se e senza ma” e per tale scopo svolge anche un’opera di propaganda e formazione avvalendosi di testi da studiare, conferenze “old fashion”, efficaci video e spot sui social.
Il sit in di Steadfast si limita a raccogliere il consenso che già esiste, rispetto al quale effettua conferenze (meglio: comizi) intese più ad “emozionare” che a formare.
Da questo punto di vista sono estremamente significativi i comunicati diffusi in occasione della tragica morte del piccolo Alfie Evans: la Marcia per la Vita nel suo comunicato avverte che «L’infanticidio compiuto in Inghilterra si avvia ad essere legalizzato in tutti i Paesi occidentali». Il comunicato di Steadfast lamenta che «Eravamo ad un passo dalla soluzione: questione di ore e poi Alfie avrebbe potuto essere libero».
Ulteriore differenza riguarda le fratture interne. È nella natura umana che vi siano fratture e modi diversi d’agire: gli ossessivi appelli all’unità ignorano la natura umana oppure nascondono secondi fini.
Pertanto, in entrambe le marce vi sono state fratture, ma di natura diversa.
La Marcia per la Vita ha saputo mantenere una piccola “cabina di regia” per evitare che l’iniziativa venisse monopolizzata o solo egemonizzata, restando aperta a chiunque voglia abrogare l’aborto e l’eutanasia, senza fagocitare nessuno.
Il Family day, dopo aver fagocitato realtà pre-esistenti (ad es. le Sentinelle in piedi), si è lasciato a sua volta svuotare ed assorbire dal partito “Popolo della Famiglia” di Mario Adinolfi che – lasciato agire indisturbato per una comune matrice culturale cattolico-democratica– si è radicato su tutto il territorio nazionale sostituendosi via via ai Comitati di Gandolfini e sottraendo ben 120.000 suffragi al centro-destra.
Concludo. Se è un dovere per ogni cattolico combattere per i principi non negoziabili, oggi più che mai occorre fare moltissima attenzione al disinteresse, alla formazione e all’esperienza di chi ci troviamo di fianco.
Pertanto, si tratterà di dar vita a comunità laicali ben radicate nel territorio; fuori dai partiti ma con un rapporto leale e diretto con i parlamentari; che ricordino che a ogni reazione cattolica corrispondono tentativi di infiltrazione.
Sarà importante che queste comunità facciano riferimento a una realtà nazionale, anche soltanto culturale, ma con una storia almeno decennale di coerenza.
David Botti
8 maggio 2018, B. V. del Rosario di Pompei