Sono sotto gli occhi di tutti gli sforzi compiuti da numerosi medici per difendere la vita in questi difficili tempi di pandemia; nonostante il sistema sanitario sia al collasso, molti di loro si sono offerti volontari per curare i malati di Covid-19, consapevoli che avrebbero potuto perdere la vita. Al contempo però l’Oms, nelle sue linee-guida, ha dichiarato che contraccezione ed aborto debbano essere garantiti indipendentemente dal Coronavirus, addirittura favorendo l’aborto in casa.
Abbiamo parlato della situazione attuale con Virginia Coda Nunziante, portavoce della Marcia per la Vita, che rappresenta ormai da dieci anni il più importante evento italiano pro-life e che raccoglie migliaia di persone da ogni parte del mondo.
L’esplosione di Coronavirus nel mondo può aver contribuito a una presa di coscienza dell’importanza della difesa della vita, specialmente di quella più fragile?
Stiamo vivendo certamente un periodo molto particolare della storia dell’umanità, un periodo che non avremmo mai immaginato. Siamo abbastanza abituati alle guerre, che da anni si svolgono alle porte di casa nostra; sappiamo cosa sia la fame, perché vediamo spesso immagini drammatiche, che provengono da Paesi non poi così lontani.
Ma questa pandemia è giunta inaspettata e circondata da un alone di mistero. La stessa Oms-Organizzazione Mondiale della Sanità, trent’anni fa, ostentava con sicurezza «un mondo senza epidemie» . Ed invece ecco che un virus sembra aver messo in ginocchio il mondo, incrinando l’utopia della globalizzazione.
Penso che questa drammatica situazione ci possa aiutare a comprendere meglio l’importanza della difesa della vita. Basti pensare ai medici ed agli infermieri morti per curare gli altri e a quelli che generosamente si sono offerti volontari per sopperire alle carenze di personale: tutti sono stati e sono consapevoli di poter perdere la vita, ma questo timore passa in secondo piano per chi abbia la vocazione di prendersi cura di coloro che soffrono.
Ecco, questi sono tutti esempi di amore per la vita umana, amore per il prossimo e principalmente per coloro che sono più deboli ed indifesi. Così dovrebbe essere sempre.
L’Oms, in un proprio comunicato, ha definito «l’aborto essenziale» anche in tempi di Covid; molte associazioni pro-choice italiane hanno lanciato una petizione per avere l’aborto a domicilio. Cosa sta succedendo?
Purtroppo la cultura della morte non si ferma neanche in queste situazioni.
Su una cosa non ho dubbi: l’aborto è il sacrificio umano che il demonio chiede all’uomo di oggi e questo necessita un tributo di sangue quotidiano. Non si può dunque fermare la macchina dell’aborto e, se gli ospedali non possono ricoverare per i rischi di contagio, allora si sposta tutto a casa, dove il medico dovrà recarsi per assistere la donna che ha deciso di sbarazzarsi del figlio in grembo.
In Italia i paladini della libertà di morte si sono stracciati le vesti, perché la pandemia rischiava di far diminuire gli aborti ed hanno dunque chiesto di poterlo fare a domicilio: forse hanno preso spunto dal decreto firmato in Gran Bretagna da Boris Johnson, prima di essere ricoverato, decreto che prevedeva la possibilità di effettuare aborti farmacologici a casa, a carico del servizio sanitario nazionale. Ma anche la Francia non è stata da meno e il ministro della Salute, Olivier Véran, ha prorogato di due settimane il limite per effettuare gli aborti: così chi ha avuto difficoltà per il ricovero, può avere più tempo per trovare un’alternativa ed uccidere il proprio bambino.
Ci troviamo di fronte ad un vero scandalo. Se pensiamo che madre Teresa di Calcutta, quando ricevette il premio Nobel per la Pace, aveva solennemente dichiarato che non ci sarebbe stata pace nel mondo, fin quando vi fosse stato anche un solo aborto, non possiamo meravigliarci di una pandemia: se le leggi abortive di tutti i nostri Stati non verranno abolite, il Signore ci richiamerà con castighi ancora peggiori.
Quest’anno la pandemia ha costretto ad annullare la decima edizione della Marcia per la Vita di Roma. Ci saranno novità particolari nel 2021?
Quest’anno avevamo previsto la partecipazione di Abby Johnson, l’infermiera di Planned Parenthood, che assistendo di persona ad un aborto ebbe una fortissima crisi e da quel momento è diventata una paladina pro-life. Sulla sua storia è stato poi realizzato il film Unplanned, che doveva uscire proprio quest’anno anche in Italia. Abbiamo già invitato Abby per il prossimo anno e, se non ci saranno impedimenti, ci ha già confermato la sua presenza.
Perché è importante la presenza di Abby e cosa può insegnare ai pro-life italiani?
La testimonianza di Abby, come lo è stato nel passato quella del dott. Nathanson, è particolarmente efficace e significativa, perché ambedue erano paladini dell’aborto: Nathanson si vantava di aver ucciso oltre 75.000 bambini.
Ma entrambi, confrontatisi con la realtà di un essere vivente che si muove dentro al ventre materno (prima ecografia osservata da Nathanson) o che si dimena sul tavolo operatorio perché uscito ancora vivo dall’utero della madre (Abby), cambiano completamente prospettiva e diventano tutti e due difensori della vita umana innocente.
Testimonianze così reali, come è stata nel passato anche quella di Gianna Jessen, hanno sempre un impatto molto forte sulle coscienze, perché, oltre che all’intelligenza, parlano direttamente al cuore delle persone, che si sentono particolarmente toccate da questi drammi. Per questo sono molto importanti, perché talvolta la ragione, per opportunismo o per ideologia, si rifiuta di cogliere ed accettare la realtà o potremmo anche dire la veridicità del dato oggettivo, mentre il cuore, se colpito, mette più facilmente in crisi la coscienza degli uomini.
Un bilancio della battaglia pro- life a dieci anni di esistenza della Marcia per la Vita…. Prossimi obiettivi?
Questi dieci anni sono stati particolarmente entusiasmanti e ricchi di risultati. Innanzi tutto perché il popolo della Vita è sceso nella piazza pubblica, ha conquistato un suo spazio ben visibile e ha rimesso al centro del dibattito pubblico il tema dell’iniqua legge 194. Dobbiamo essere ben coscienti, soprattutto in quanto cattolici, che non possiamo accettare passivamente le leggi ingiuste: il nostro dovere è di combatterle, perché solo così possiamo sensibilizzare l’opinione pubblica e cercare di farla reagire.
È necessario insistere con i nostri uomini politici, perché, come diceva Giovanni Paolo II, «la legge stabilita dall’uomo, dai parlamenti e da ogni altra istanza legislativa umana non può essere in contraddizione con la legge di natura cioè, in definitiva, con l’eterna legge di Dio».
Proprio per questo motivo non ci fermeremo, finché la legge 194, che ha ucciso oltre 6 milioni di bambini dalla data dell’approvazione ad oggi, non sarà abolita ed espunta finalmente dal nostro ordinamento giuridico. Nel frattempo, in attesa di raggiungere questo obiettivo, andremo per gradi e il primo sarà quello di chiedere con determinazione di tagliare i fondi pubblici alla legge 194: noi cittadini non vogliamo con le nostre tasse essere partecipi dell’uccisione dei nostri bambini.
Il prossimo appuntamento nella piazza pubblica sarà il 22 maggio 2021 a Roma.