Da ogni parte si esalta il fatto che il numero degli aborti sia in calo.
Tuttavia si tace sull’aumento esponenziale delle vendite della “pillola del giorno dopo”: i dati raccolti da Federfarma – su richiesta del Partito democratico lombardo – stimano in 250.000 le confezioni per anno.
Come sempre, la Regione Emilia-Romagna costituisce l’esempio più eclatante di questa falsità: da un lato il calo del numero di aborti procurati viene presentato come “segno di crescita della maturità affettiva” dovuto alle politiche educative promesse dall’Assessorato alla sanità.
Dall’altro si tace su quel che fanno le Aziende Sanitarie Locali (che, ad es. nella provincia di Bologna sono ben 30!) in tema di contraccezione d’emergenza, cioè della diffusione della pillola omicida.
Questa falsa vittoria, che puzza solo di morte, è stata di recente svelata da FattiSentire! e dall’Associazione Giovanni XXIII.
La Ru 486 fa tornare l’aborto nella clandestinità
E’ un drammatico scenario di un aborto che torna di nuovo clandestino quello che emerge dai dati presentati dall’Associazione Papa Giovanni XXIII che ieri ha fatto il punto sull’attività di contrasto all’aborto limitatamente al territorio dell’Emilia Romagna. La comunità fondata da don Oreste Benzi, del quale ricorrono il 31 ottobre i dieci anni dalla morte, è una delle realtà più floride in Italia in merito al contrasto dell’aborto e dell’accoglienza alle donne che decidono di non abortire e continuano la gravidanza. Attraverso una rete di 454 strutture presenti in tutto il mondo e oltre 100 case famiglia, la Giovanni XXIII ha accolto nel 2015 4.666 persone, coordina le unità di strada, strappa dalle fauci dell’aborto migliaia di donne dando loro una speranza e salvando così due vite in quello che il più delle volte è un percorso di conversione.
E soprattutto organizzano e promuovono le preghiere pubbliche davanti agli ospedali per i bambini abortiti, che in questi anni sono stati il primo e più significativo salvagente per entrare in contatto con le donne che arrivavano in reparto per abortire. Il vedere tante persone recitare il rosario è stato per loro un incentivo a fermarsi rispetto a quello che stavano andando a compiere, come dimostrano i casi raccontati nelle province di Modena e Bologna.
L’osservatorio della realtà di don Benzi, dunque, è una fonte privilegiata ed autorevole per fotografare il fenomeno aborto in Italia. E tra i dati 2016 presentati ieri a Bologna, relativamente all’Emilia Romagna, ma che è trasferibile anche sul territorio nazionale, quello più preoccupante che emerge è che per la prima volta l’Associazione ha conosciuto una contrazione del numero delle donne incontrate. Precisamente il 34% in meno rispetto al 2015. Nel corso della conferenza stampa di presentazione, l’Associazione ha indicato come causa fondamentale che ha fatto ridurre il numero delle donne che chiedono aiuto per tenere il bambino, il ricorso sempre più massiccio alla pillola abortiva.
Sotto accusa dunque la crescente diffusione delle pillole del giorno dopo e dei 5 giorni dopo (dal 2015 vendibili senza ricetta medica per le maggiorenni), prodotti che hanno anche un potenziale effetto abortivo, e dunque fanno sì che il bambino eventualmente presente nel grembo possa essere espulso senza che la gestante abbia il tempo di condividere la notizia delle gravidanze con parenti, conoscenti e servizi pubblici ed associazioni per il sostegno alla maternità. “Anche la Relazione annuale del Ministero della salute sull’Ivg rileva un calo del 9% degli aborti ‘tradizionali’ e ne attribuisce la responsabilità al diffondersi di questi prodotti”, dicono dalla “Don Benzi”.
In parallelo, la preferenza data dalle aziende sanitarie all’utilizzo dell’aborto chimico (con RU 486) anziché chirurgico, per ridurre i costi e per superare le resistenze crescenti dei medici a praticare gli aborti chirurgici: “Alla donna viene fatta fretta per non superare il 49° giorno, ultimo giorno in cui è possibile utilizzare la RU486, e quindi ha meno tempo per cercare alternative”.
Ecco spiegato il perché del calo di accessi agli sportelli di aiuto. Il ricorso alle pillole abortive di fatto costringe la donna a farsi molti meno scrupoli di coscienza nell’abortire il proprio bambino e non lascia il tempo necessario per riflettere su questo tragico esito della gravidanza.
E’ una situazione di fatto in cui l’aborto torna nella clandestinità, seppure non si tratti di una clandestinità dovuta ad una legge che lo impedisce, ma una clandestinità che cela l’aborto nel nascondimento di un ambulatorio o tra le pareti domestiche. Ce n’è abbastanza per far riflettere i pasdaran dell’aborto libero, dato che proprio il tema degli aborti clandestini era stato il cavallo di battaglia che in Italia e nelle altre democrazie occidentali, era stato utilizzato dai Radicali e dalle forze politiche compiacenti, per giustificare l’esistenza di una legge per l’aborto, che in Italia è rappresentata dalla 194. Anche in ambito cattolico, spesso si cade nel tranello di considerare la 194 una “buona legge” perché comunque ha fatto emergere “il nero” degli abortifici clandestini. Ma è evidente che si tratta di una foglia di fico. Perché l’aborto è sempre un male e giustificarlo a certe condizioni, equivale a rendersi complici di quell’atto.
Oggi chi utilizza la Ru 486 o le pillole abortive dei 5 giorni dopo va incontro a molti problemi di salute e rischi di incolumità. Le cronache tacciono, ma i dati ufficiali parlano delle controindicazioni che le pillole hanno sulle donne, che possono portare anche ad emorragie fortissime, non controllate con esiti anche letali.
Insomma: mentre le donne si interfacciano con una soluzione farmacologica più “pulita” di fatto si mettono più a rischio nel nascondimento delle pareti domestiche. Non è un buon motivo per denunciare la clandestinità che si credeva debellata? E perché i cultori della morte da aborto non dicono nulla contro questo nuovo fenomeno ormai dilagante? Semplice: perché l’obiettivo dei Radicali e delle lobby mainstream che difendono l’aborto come una conquista civile, è proprio quello di allargare le maglie di accesso all’eliminazione dei feti promuovendo la cultura della pillola.
Non è un caso che proprio recentemente la laeder della Rosa nel pugno Emma Bonino abbia chiesto al ministro Lorenzin un “nuovo tagliando” della legge sull’aborto. Come? Andando a normare e favorire nella 194 il ricorso farmacologico ambulatoriale. Perché ormai i chirurghi sono stanchi di abortire e non per motivi religiosi, ma per il grido della coscienza che sale in loro. Basta un poco di zucchero e la pillola della morte, va giù.
Andrea Zambrano, 7 ottobre 2017, per http://www.lanuovabq.it/it/la-ru-486-fa-tornare-laborto-nella-clandestinita