Alcune istituzioni Usa favorirono l’ingresso di queste tecniche in Germania L?et? dell?oro delle ricerche sui processi di trasmissione dei caratteri genetici furono gli anni Trenta negli States. La spinta venne da un movimento che auspicava una politica di miglioramento del patrimonio ereditario degli individui
Di Mario A. Iannaccone
Mercoledi 08 marzo 2006
L’incredibile e ancora poco conosciuta storia dell’eugenetica americana ? raccontata da Edwin Black in ?La guerra contro il debole? (War against the weak. Eugenics and America’s campaign to create a master race, edizioni Four walls eight windows, New York), gi? autore di Ibm e l’Olocausto (trad. it. Rizzoli, 2001). Black ? storico scrupoloso, specializzato nell’investigare l’attivit? d’aziende, governi e istituzioni, con l’ausilio di team di ricercatori. Setacciando archivi riservati, governativi e privati, Black ha ricostruito un’immagine nuova della storia dell’eugenetica americana, e del suo network, il cui centro era il Carnegie Institution’s Station for Experimental Evolution di Cold Spring Harbor fondato nel 1904.
Il primo dato sorprendente, – non nuovo, ma qui documentato nel dettaglio – ? che l’eugenetica, nata nel XIX secolo in Inghilterra, ebbe il suo periodo d’oro negli Stati Uniti nei primi trent’anni del secolo scorso allorch? s’organizz? in un potente movimento che tent? d’imporre una politica di miglioramento del patrimonio ereditario della popolazione attraverso il controllo sociale della riproduzione. La parte pi? odiosa di questa politica fu la repressione nei confronti di coloro che erano definiti feebleminded (deboli di mente) o unfit (inadatti), sulla base di criteri vari e spesso arbitrari. Il secondo dato documentato da Black ? che dall’eugenetica americana deriv? direttamente quella tedesca e poi nazista. Negli Stati Uniti, la politica eugenetica fu esercitata soprattutto sulle classi pi? povere o su comunit? isolate i cui membri, molto spesso, pi? che feebleminded erano semplicemente privi di una minima educazione.
Black colma lacune anche in merito all’appoggio fornito al movimento eugenetico da potenti soggetti istituzionali, scientifici, politici e finanziari. Gli eugenisti non erano un gruppo di rari lunatici, ma un movimento ben rappresentato in istituzioni legate a famiglie facoltose, istituzioni pubbliche, universit? prestigiose (comprese Harvard, Yale e Princeton). Da questa rete di simpatia il movimento ricav? la forza per attuare una vera e propria politica eugenetica articolata in tre programmi: innanzitutto lo studio degli alberi genealogici per identificare le famiglie “difettose” che generavano persone “inadatte”; poi l'”eugenetica negativa”, che prevedeva la segregazione e la sterilizzazione coatta; per ultimo, l’eugenetica “costruttiva” che doveva favorire la creazione di una master race, una razza dominante, modellata sulle caratteristiche dell’?lite americana. Nel corso di alcuni decenni centinaia di migliaia di “deboli di mente” ed “inadatti” subirono procedure di segregazione, sterilizzazione o ingiustizie di vario tipo.
Ma la ricerca dello storico americano riserva altri aspetti interessanti. Per esempio emerge chiaramente lo stretto legame che si stabil? fra l’eugenetica e il movimento del controllo della nascite, di fatto due fasi dello stesso programma. Gli ideologi della sterilizzazione di massa, della segregazione, delle politiche coercitive erano spesso gli stessi del controllo delle nascite. Il collegamento ? evidente nell’opera di Margaret Higgins Sanger (1883-1966) teosofa, darwinista sociale ed eugenista, e nei rapporti che la fondatrice del Planned Parenthood tenne per molto tempo con elementi estremisti del movimento. ? noto che l’accostamento della Sanger all’eugenetica provoca da sempre alzate di scudi, ma i contatti strategici, tattici e teorici fra i due movimenti sono ormai inequivocabili. E ben differenti da quelli che si vorrebbero trovare nell’opera di Luigi Gedda, medico e guida dell’Azione Cattolica (vedi box). La Sanger, infatti, arrivava deprecare l’aiuto dei governi o delle istituzioni filantropiche per i poveri e gli inadatti, che dovevano piuttosto “sparire” e “morire di fame” per non togliere risorse agli adatti. Anche su questi rapporti, e sul ruolo ambiguo della Sanger, il libro di Black d? ragguagli di prima mano. Interessanti anche i capitoli dedicati al trasferimento dell’eugenetica americana in Germania. Le istituzioni americane collaborarono all’impianto dell’eugenetica nelle terre tedesche, favorendo scambi d’informazioni e collaborazioni fra scienziati. Qui la pratica fu applicata su una scala tragicamente ben pi? vasta e ne fu accentuato violentemente il razzismo
Black rileva, infine, la continuit? organizzativa e teorica fra eugenetica e genetica. La genetica sarebbe la continuazione, sotto nuovo nome, della vecchia eugenetica ormai screditata per la sua metamorfosi sotto il nazismo. Proprio negli asettici laboratori di ricerca genetica i vecchi demoni sopravvivono e ogni tanto si mostrano, per esempio quando guru della moderna ricerca genetica sostengono la necessit? futura del “transumanismo” o anche dell'”autoevoluzione”: modificare il patrimonio genetico dell’uomo per “guidare l’evoluzione naturale”. Qui la voce dell’autore, che commenta implacabile orrori passati, si sposta, inquieta, a scrutare scenari futuri, ancora inimmaginabili. Nell’attesa di una futura, auspicabile, traduzione, The war against the weak (la guerra contro il debole) ? un libro che riserver? molte sorprese al lettore padrone della lingua inglese.