Famiglie al mercato delle convivenze

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INTERVENTO. ? FACILE INNEGGIARE AI PACS O ALLE UNIONI OMOSESSUALI. MA SI DIMENTICA CHE PORTARE TALI ISTITUTI ALLE ULTIME CONSEGUENZE CONDUCE A UNA DESTRUTTURAZIONE LEGALE DEL TESSUTO CIVILE


di Carlo Cardia



    ?Si vogliono avere le possibilit? che scaturiscono dal vincolo coniugale ma si escludono i correlativi doveri Se si agisse cos? in altri ambiti sociali, chiunque direbbe che ? assurdo e troppo comodo?
La discussione sul matrimonio e le convivenze si riaccende ogniqualvolta si registrano novit? significative, come quelle del Belgio e della Danimarca che hanno riconosciuto la possibilit? della filiazione (per adozione o procreazione assistita) per coppie non eterosessuali, o dell’Italia dove qualcuno annuncia provvedimenti per le coppie di fatto.
Ci? che stupisce, per?, quando si affrontano questi argomenti, ? che non si entra quasi mai nel merito. Si fanno accenni politici, si invocano principi generalissimi, ma non si discute sui contenuti delle scelte e sulle loro conseguenze. Cos? facendo, tra l’altro, si induce a credere che la situazione delle coppie eterosessuali sia assimilabile a quella delle coppie non eterosessuali. Mentre c’? una differenza profonda tra le due situazioni. Dovrebbe far riflettere ad esempio che le prime chiedono quasi che venga riconosciuto il diritto a non sposarsi, mentre le altre tendono a reclamare il diritto contrario.
Francesco D’Agostino, in diversi interventi, ha ricordato che la maggior parte delle esigenze delle coppie di fatto (eterosessuali) possono essere soddisfatte gi? oggi con il diritto comune. L’esigenza alla successione, con la predisposizione di un normale testamento; la garanzia sull’abitazione, attraverso la cointestazione del contratto o del titolo di propriet?, e io aggiungo che gi? esiste una sentenza della Corte costituzionale (la n. 404 del 7 aprile 1988) che contempla questo diritto. L’assistenza in caso di malattia ? garantita dalla libera volont?, che esiste per tutti i cittadini, di essere assistito da chi si vuole. ? poi possibile rafforzare la volont? contrattuale, senza per ci? coinvolgere l’istituto matrimoniale.
Perch?, allora, l’insistenza su uno strumento forte, o pubblicistico, come si usa dire? Il primo motivo ? che evidentemente si avverte che il matrimonio d? qualcosa di pi?, sul piano sociale, rispetto ad una unione libera. Il secondo ? che si cerca di ottenerlo utilizzando lo schema del matrimonio, ma soltanto in quella parte che torna utile. Pensiamo ad una ipotesi paradossale. Che lo Stato, accogliendo in modo estremo un certo tipo di richiesta, abolisca il valore legale dell’atto del matrimonio, e consideri la celebrazione un fatto privato dei cittadini. Qualcosa di simile accadeva nel diritto romano quando ci si sposava inter amicos, con accordo stipulato dal notaio. E che poi la legge dica: dopo un certo periodo di coabitazione, ad esempio due anni, le coppie acquisiscono i diritti e i doveri connessi al vincolo coniugale. Cos?, sposati o meno, tutti hanno la stessa condizione.
Cosa accadrebbe? Ci sarebbero fiere sollevazioni e proteste (peraltro legittime) perch? lo Stato coarterebbe la volont? di quei cittadini che non intendono sposarsi, e non vogliono avere i diritti e i doveri dei coniugi. Ed ? proprio questo il punto: si vogliono avere soltanto i diritti che scaturiscono dal vincolo coniugale ma si escludono i correlativi doveri. Se si agisse cos? in altri ambiti sociali, chiunque direbbe che ? assurdo e troppo comodo.
Proprio i Pacs francesi, e altre analoghe esperienze europee, chiariscono questo punto centrale. Ci sono diritti patrimoniali, ma non c’? il dovere della assistenza reciproca in tutta la sua latitudine. Ci pu? essere il diritto alla successione ma non c’? il dovere di fedelt? (come ? previsto dai codici civili, a cominciare dal nostro). C’? il diritto a un qualche riconoscimento pubblico ma non il dovere alla coabitazione perch? il Pacs pu? essere sciolto ad nutum in qualsiasi momento. Non c’? l’obbligo di un periodo di separazione quando finisce la convivenza, perch? ci si pu? sposare (con una terza persona) quando si vuole, anche in contemporanea con il Pacs. ? proprio cos?, perch? ?l’esistenza di un precedente pacte non si oppone alla celebrazione di un matrimonio; non influisce, quindi, sulla libert? di stato delle parti interessate (?) il Pacs perde ogni effetto a partire dalla data del matrimonio? (M. Bonini Baraldi, Le nuove convivenze, Ipsoa 2005, p. 94). Ed ? accaduto che una delle due parti, legate dal Pacs, si sia sposata (con un terzo) senza che l’altra lo sapesse.
Questo ? un aspetto della realt? di cui non si vuole parlare, forse perch? sgradevole. Come non si parla di un altro effetto di eventuali Pacs, o assimilati. E cio? che alle nuove generazioni la legge offrirebbe la possibilit? di due tipi di matrimonio, il primo quello che tutti conosciamo, l’altro che si qualificherebbe come un matrimonio dimezzato, che prevede alcuni diritti senza doveri, cio? una sorta di piccolo matrimonio pi? comodo e meno impegnativo. Si proietti nel tempo questa situazione. Chi pu? dire in coscienza che cos? facendo non si dia una indicazione deresponsabilizzante ai giovani, e non si svilisca il matrimonio vero e proprio perch? pi? oneroso e impegnativo?

Profondamente diversa l’ipotesi del matrimonio (o di analoghe configurazioni) delle coppie omosessuali, e dell’eventuale affidamento di figli. Anche in questo caso, esigenze di vita quotidiana e interpersonale possono essere risolte praticamente tutte a livello contrattuale. Nessuno, per?, dice che facendo ricorso all’istituto del matrimonio, o ad un suo surrogato, si compie una delle pi? grandi opere di mimetizzazione (che vuol dire finzione) che la storia del diritto ricordi. Basti dire che si dovranno riscrivere i codici civili di tutto il mondo, perch? questi parlano di marito e moglie. Non sar?, quindi, la coppia ad adattarsi al matrimonio, ma il matrimonio a doversi piegare ad una realt? del tutto aliena.
Dovranno essere riscritte anche le carte fondamentali dei diritti umani, a cominciare dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948, la quale all’articolo 16 prevede che ?uomini e donne hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia?. ? qui che si determina qualcosa di radicalmente diverso rispetto alle coppie eterosessuali. Si mimetizza un rapporto coniugale dove questo non esiste, si cerca di mimare una comunit? familiare quando ne mancano gli elementi essenziali. Il mimetismo riguarda i diretti interessati che non potranno usare nemmeno il lessico del matrimonio e della famiglia, non potranno chiamarsi marito e moglie perch? tali non sono, non potranno essere nuora e genero, o cognato e cognata, per i rispettivi parenti. Neanche potranno inventarsi termini nuovi perch? ogni eventuale stravaganza lessicale accentuerebbe la loro singolarit?. Mancando la dualit? sessuale, manca il lessico che identifica le parti.

Quando ci si accosti al mimetismo estremo, quello della filiazione (per adozione, o procreazione assistita), le conseguenze sono deflagranti. La doppia figura genitoriale scompare perch? non esiste. Il minore non potr? mai pronunciare le parole pap? e mamma come accade ai bambini di tutto il mondo, semplicemente perch? queste due figure in casa non ci sono. La formazione, e l’educazione, dei figli acquisiti si realizzano dentro uno schema, e una vita quotidiana, nei quali paternit? e maternit? vengono meno, e con loro la complementarit? dei sessi. Ai minori vengono negati, in questo modo, i diritti di nascere e crescere in un ambiente familiare naturale, senza sapere quali saranno le conseguenze sulla loro psiche e sulla crescita.
L’infanzia diviene oggetto di sperimentazione, soltanto per soddisfare un desiderio di filiazione che non pu? essere soddisfatto naturalmente. Non sono pi? i genitori che esistono per i figli, ma sono i minori che devono esistere per i genitori. Si rovescia il rapporto tra le parti, quella pi? debole diviene anche parte perdente. Se si pensa che oggi gli psicologi avvertono che il figlio sente tutto il peso anche solo di una separazione personale tra padre e madre, si pu? solo immaginare cosa potr? accadere nella sua psiche quando realizzer? compiutamente di non avere n? padre n? madre, bens? una sola figura sessuale raddoppiata.
Sta qui il naufragio di tante impostazioni del relativismo etico, che per affermarsi devono cancellare ogni tratto di solidariet? verso la parte pi? debole. Sta qui il fallimento di quanti non si rendono conto che, su questa strada, si realizza marxianamente uno sfruttamento dell’uomo sull’uomo, che non esiste soltanto nei rapporti di lavoro, ma ogni qual volta si impongono ad esseri umani realt? dure e artificiali, contrarie ai loro diritti naturali.

Non ha pi? senso neanche l’affermazione che si tratta di scelte personalissime nelle quali lo Stato non deve entrare. Perch? sono scelte personali che ricadono sui figli acquisiti e condizionano la loro esistenza sin dall’inizio. Ai minori si impone la qualifica di figlio senza dargli una famiglia naturale, e viene imposta una famiglia artificiale mai esistita al mondo. Per fermarci un attimo all’Italia, se ci si incamminasse su questa strada l’articolo 29 della Costituzione sarebbe praticamente svuotato. Perch? l’articolo 29 parla della famiglia, non di pi? e diverse famiglie. E riconoscere esperienze personali cos? contrastanti vuol dire aprire un mercato delle convivenze nel quale tutto si mischia e si confonde.
Ma esistono altre, possibili, conseguenze. Se in alcuni Paesi si afferma una concezione del genere, o concezioni che in qualche modo la anticipano, c’? da chiedersi se regger? a lungo il principio monogamico come asse portante dei nostri ordinamenti. Si potr? ancora escludere il matrimonio poligamico, dopo l’accettazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso? Certo, si pu? dire che vale ancora la motivazione pi? forte, quella confermata da Emanuele Kant, per la quale la poligamia viola il principio di eguaglianza tra uomo e donna. Per Kant, ?nella poligamia la persona che si abbandona ottiene soltanto una parte di quella a cui ella invece s’? abbandonata tutta, e riduce se stessa a una cosa? (in La dottrina generale del diritto). In altri termini, nella poligamia la donna diviene variabile dipendente di una comunit? familiare con al centro l’uomo, il quale resta guida e dispensatore dei diritti e doveri, nonch? dei beni materiali e immateriali, che fanno parte dell’orizzonte comunitario.
Ma si ? sicuri che dopo l’introduzione del matrimonio tra persone dello stesso sesso, in Europa il principio di eguaglianza tra uomo e donna potr? fare ancora da muraglia alla poligamia? Sul piano etico questa muraglia croller?, perch? in una certa ottica la famiglia poligamica rientra pur sempre in uno schema naturalistico. Sul piano giuridico, si potr? sostenere che la donna che accetta un matrimonio poligamico lo fa con volont? libera e consapevole, e quindi pu? rinunciare a un suo diritto.

Mi sono soffermato su alcune conseguenze specifiche di riforme che si stanno introducendo in alcuni Paesi europei. Ma credo sia evidente la destrutturazione complessiva che si avrebbe, con il tempo, dell’istituto familiare nell’ambito della cultura e della coscienza della collettivit?, e il deterioramento di un tessuto civile che in ogni tempo ? stato considerato essenziale per la societ?. Qualcuno potrebbe osservare che alcune cose di quelle trattate (come l’adozione per coppie omosessuali) in Italia non sono attuali. Fortunatamente ? cos?. Per? stupisce il fatto che, parlando di questi argomenti, la figura pi? esaltata sia sempre Zapatero, e quando si ? saputo del riconoscimento della filiazione per coppie omosessuali in Belgio e Danimarca, nessuna voce (di una parte) si sia levata per censurare queste scelte. Al contrario, la si ? riportata con grande evidenza, quasi a sottolineare la modernit? di questi Paesi rispetto all’Italia. Una coltre di ipocrisia si nasconde dietro queste reticenze. Ed ? bene parlare di questi problemi a tutto campo, perch? si rifletta sulla strada che si vuole intraprendere e sulle conseguenze che possono derivarne, oggi o in futuro.