La droga non si vince con la droga
* Documento trascritto da L’Osservatore Romano, del 22-1-1997 come riflessione pastorale del Pontificio Consiglio per la Famiglia
L’opinione pubblica ? stata scossa di recente da alcune proposte, presentate in diversi Paesi, volte a far adottare una legislazione che controllerebbe l’uso della droga, permettendo per? un accesso pi? facile alle cosiddette droghe “leggere”. Il Pontifico Consiglio per la Famiglia ? stato interrogato al riguardo da famiglie e numerosi educatori e istituzioni che lavorano con i giovani. Dopo aver consultato esperti di diversi Paesi e responsabili di molte comunit? terapeutiche, questo Dicastero presenta le seguenti riflessioni.
1. La tossicodipendenza ? un fenomeno che si diffonde sempre pi?. Essa pone gravi problemi psicologici, sociali, spirituali e morali. Desideriamo, in questa nota, metterci principalmente dal punto di vista dell’individuo e della sua famiglia, perch? non dimentichiamo che “al centro della tossicodipendenza si trova l’uomo, soggetto unico e irripetibile, con la sua interiorit? e specifica personalit?” (1).
2.
La tossicodipendenza ? passata nello spazio di qualche decennio da una diffusione relativamente ristretta, riservata a una classe sociale agiata e indulgente verso se stessa, a un fenomeno di massa, che tocca innanzitutto i giovani, distruggendo vite, troncando molte promesse, e che nessun Paese finora ? riuscito a ridurre e neppure semplicemente ad arginare. “Un gran numero di quanti fanno uso di droga ? costituito da giovani, e l’et? di approccio al problema si abbassa sempre pi?” (2). Bambini e adolescenti usano consuetamente la droga perfino nelle scuole, di fronte a educatori impotenti. ? il futuro stesso delle nostre societ? che la droga mette in pericolo. Per questo motivo la nostra preoccupazione va innanzitutto ai giovani – adolescenti e adulti – perch? essi sono oggi le prime vittime della droga.
3.
Quando vengono presentati argomenti a favore o contro i progetti di legge per la legalizzazione delle droghe “leggere”, bisogna evitare le semplificazioni e le generalizzazioni, ma soprattutto la politicizzazione di una questione che ? profondamente umana ed etica. Alcuni sostengono che il ricorso moderato ad alcuni prodotti, classificati tra le “droghe”, non comporterebbe n? dipendenza biochimica, n? effetti secondari sull’organismo. Altri dicono che sarebbe meglio conoscere e seguire i tossicodipendenti anzich? lasciarli nell’illegalit?, sia per poter venire in loro aiuto sia per proteggere la societ?. Si argomenta, in base a ci?, in favore della legalizzazione della droga.
4.
La scienza e la tecnologia hanno sempre cercato di trarre profitto dalle sostanze chimiche per favorire la cura delle patologie, per migliorare le condizioni di vita, per incrementare il piacere della convivenza. Gli utilizzatori hanno constatato che alcune di queste sostanze procurerebbero una sensazione piacevole, euforica, ansiolitica, sedativa, stimolante o allucinogena. Tali “droghe” creano al tempo stesso perdite di attenzione e un’alterazione del senso della realt?. Il consumo di tali sostanze favorisce anzitutto l’isolamento e poi la dipendenza con il passaggio a prodotti sempre pi? forti. In alcuni casi il prodotto crea una dipendenza tale che il fruitore non vive che per procurarselo.
5.
Gli effetti variano da una droga all’altra, senza che si possa distinguere chiaramente, sul piano farmacologico, una classe di “droghe leggere” e una classe di “droghe pesanti”. Infatti la maggior parte delle droghe attiva meccanismi intracerebrali comuni. Sono la quantit? consumata, il modo di assorbimento e le eventuali associazioni che costituiscono i fattori decisivi nella materia (3). Inoltre nuove droghe arrivano tutti i giorni sul mercato, con nuovi effetti e nuovi problemi. Infine, si dovrebbe ragionevolmente allargare il quadro della tossicodipendenza a molte sostanze (ansiolitiche, sedative, antidepressive, stimolanti) che non sono considerate come “droghe”, compresi il tabacco e l’alcool (4). Infatti, il problema si pone in termini diversi da quelli semplicemente biochimici.
6.
Non ? la droga che ? in questione, ma gli interrogativi umani, psicologici ed esistenziali impliciti in questi comportamenti. Troppo spesso non si vogliono comprendere tali questioni e si dimentica che ci? che fa la tossicodipendenza non ? il prodotto, ma la persone che ne prover? il bisogno. I prodotti saranno forse diversi, ma le ragioni di base rimangono le stesse. ? per questo motivo che la distinzione tra “droghe pesanti” e “droghe leggere” conduce a un vicolo cieco.
7.
Il ricorso alla droga ? sintomo di un “malessere” profondo. Come afferma il Pontificio Consiglio per la Famiglia: “La droga non entra nella vita di una persona come un fulmine a ciel sereno, ma come un seme che attecchisce in un terreno da lungo tempo preparato” (5). Dietro a questi fenomeni c’? una richiesta di aiuto da parte dell’individuo, che rimane solo con la propria vita; c’? un desiderio non solo di riconoscimento e di valorizzazione, ma anche di amore. ?, pertanto, alla causa del fenomeno che bisogna risalire innanzitutto se si vuole intervenire in modo efficace sulle conseguenze personali e sociali provocate dall’uso della droga.
8.
Il problema, in effetti, non ? nella droga, ma nella malattia dello spirito che conduce alla droga, come ricorda il Papa Giovanni Paolo II: “Bisogna riconoscere che esiste un nesso fra la patologia letale provocata dall’abuso di droghe e una patologia dello spirito che porta la persona a fuggire da se stessa e a cercare soddisfazioni illusorie in una fuga dalla realt?, al punto di annullare completamente il significato della propria esistenza” (6).
9.
Nella tossicodipendenza giovanile, questi problemi umani sono in primo piano. Il giovane tentato dalla droga ha una personalit? fragile, immatura, poco strutturata, e ci? ? in rapporto diretto con l’educazione che egli non ha ricevuto. La maggior parte degli specialisti nelle scienze umane non smette di dire, da molti anni, che la societ? abbandona i giovani, che essi non sono attesi e rispettati e che l’ambiente non fornisce tutti gli elementi sociali, culturali e religiosi per permettere lo sviluppo delle loro personalit?.
10.
Siamo in un mondo in cui il bambino ? troppo presto lasciato a se stesso. Si spera di svegliare la sua libert? e di renderlo autonomo mentre, allo stesso tempo, sulla distanza lo si rende fragile, perch? non gli si d? la possibilit? di appoggiarsi sugli adulti e sulla societ? per poter maturare. In mancanza di questo appoggio di base, molti giovani arrivano alle soglie dell’adolescenza senza una vera organizzazione e una struttura interiore. Come reazione di fronte a un mondo che sembra vuoto, considerando il loro avvenire limitato, alcuni cercano, malgrado tutto, di sentirsi vivi. Essi cercano punti di appoggio altrove e coltivano diverse relazioni di dipendenza con altri, con diversi prodotti o con comportamenti incontrollabili rischiosi.
11.
I genitori di questi giovani sono legittimamente preoccupati e spesso cercano aiuto quando si trovano di fronte a ci? che sembra loro un grave problema che, come minimo, mette in questione la maturazione psichica, etica e spirituale dei propri figli. Un bambino, come un adolescente, non ha il senso dei limiti, specialmente in un mondo in cui si sostiene l’idea che tutto ? possibile e che ognuno pu? fare ci? che vuole. I genitori cercano di insegnare ai propri figli ci? che si pu? fare e non, ci? che ? bene e ci? che ? male. Spesso hanno l’impressione che il loro atteggiamento educativo venga indebolito e perfino svalutato dalle idee e dalle immagini che circolano nella societ?.
12.
Di conseguenza, i genitori si sentono spesso perdenti di fronte ai figli, vinti da ci? che purtroppo sembra pi? forte di loro nell’agor? mediatica. Essi sono inquieti perch? non si sentono sostenuti dalla societ?. Non vogliono che i loro figli si droghino nel momento stesso in cui alcuni si danno da fare per legalizzare la vendita e l’uso di prodotti che favoriscono la tossicodipendenza.
13.
Di fronte a questa escalation di discorsi favorevoli alla legalizzazione, occorre porsi i veri interrogativi. Numerosi tentativi sono stati fatti in tal senso e si sono rivelati essere dei fallimenti. Si sa veramente perch? bisognerebbe legalizzare la libera circolazione delle droghe? Si vuole davvero ancora, realmente, lottare contro la droga, o si ? gi? gettata la spugna? Si cede alla facilit? e alla demagogia, o si cerca seriamente di prevenire? ? accettabile creare una sottoclasse di esseri umani viventi a un livello subumano, come si vede, purtroppo, nelle citt? dove la droga ? in vendita liberamente? Si ? tenuto sufficientemente in conto ci? che gli esperti non cessano di dire da molti anni, che la tossicodipendenza non si gioca sulla droga ma su ci? che conduce un individuo a drogarsi? Si ? dimenticato che, per vivere, ognuno deve poter rispondere ad alcuni interrogativi essenziali dell’esistenza? La legalizzazione del prodotto non servir? invece solo a rafforzare questa dimenticanza?
14.
Poich? la tossicodipendenza giovanile dipende da una debolezza del nostro sistema educativo, non si vede in che modo la legalizzazione di questi prodotti favorirebbe un miglior controllo di essi da parte dei giovani, e soprattutto li aiuterebbe a comprendere ci? che cercano attraverso queste sostanze.
15.
La legalizzazione delle droghe comporta il rischio di effetti opposti a quelli ricercati. Infatti, si ammette facilmente che ci? che ? legale ? normale, e quindi morale. Attraverso la legalizzazione della droga, non ? il prodotto che si ritrova, da questo fatto, liberalizzato, ma sono le ragioni che conducono a consumare tale prodotto che si trovano convalidate. Ora, nessuno lo contester?, drogarsi ? un male. La droga, che sia acquistata illegalmente o distribuita dallo Stato, ? sempre distruttrice dell’uomo.
16.
D’altronde, a partire dal momento in cui la legge riconoscesse questo comportamento come normale, ci si pu? domandare come le autorit? pubbliche farebbero fronte al dovere di educazione e di cure alle persone per i rischi che questa legalizzazione implicherebbe. Siamo davanti a una contraddizione supplementare del mondo attuale che banalizza un fenomeno e cerca poi di curarne le conseguenze negative.
17.
Si devono anche considerare le ricadute sociali di tale legalizzazione. Si esamineranno senza timore lo sviluppo della criminalit?, delle malattie legate alla dipendenza, e l’aumento degli incidenti stradali che comporter? il facile accesso alle droghe? Si ? pronti ad affidarsi professionalmente alle persone tossicodipendenti? Si deve assicurare loro la sicurezza del lavoro?Inoltre, lo Stato ha realmente i mezzi finanziari e di personale per far fronte all’accrescimento del problema sanitario che comporterebbe inevitabilmente la liberalizzazione della droga?
18.
Davanti a queste questioni, lo Stato ha innanzitutto il dovere di vegliare sul bene comune. Questo esige che esso protegga i diritti, la stabilit? e l’unit? della famiglia. Distruggendo il giovane, ? la famiglia che la droga distrugge, quella di oggi e quella del futuro. Ora, se questa cellula vitale e primordiale della societ? si trova minacciata, ? l’insieme della societ? che soffre. D’altronde, come sottolinea il Pontificio Consiglio per la Famiglia, la tossicodipendenza ?, in parte, la ragione dell’indebolimento della famiglia, della rottura dei focolari (7). “L’esperienza di quanti operano con speciale competenza nel mondo della tossicodipendenza […] conferma in modo unanime che il modello” della famiglia fondata sull’“amore autentico: unico, fedele, indissolubile dei coniugi” … “resta il punto di riferimento prioritario su cui insistere in ogni azione di prevenzione, recupero e ripresa della vitalit? dell’individuo” (8).
19.
Assicurando cos? il bene comune, lo Stato ha anche per compito di vegliare al benessere dei cittadini. L’aiuto dello Stato ai cittadini deve rispondere al principio dell’equit? e della sussidiariet?: cio? deve innanzitutto proteggere, fosse anche contro se stesso, il pi? debole e povero della societ?. Non ha dunque il diritto di dimettersi dal suo dovere di tutela di fronte a coloro che ancora non hanno avuto accesso alla maturit? e che sono vittime potenziali della droga. Inoltre, se lo Stato adotta o mantiene una posizione coerente e coraggiosa sulla droga, combattendola qualunque ne sia la natura, questo atteggiamento aiuter? contemporaneamente la lotta contro gli abusi dell’alcool e del tabacco.
20.
La Chiesa vuole ricordare i risvolti di questo fenomeno. Essa sottolinea il fatto che, nella prospettiva di una legalizzazione della vendita e dell’uso dei prodotti che favoriscono la tossicodipendenza, ? il destino delle persone che ? in causa. Alcuni avranno la loro vita diminuita, cio? ferita, mentre altri, forse senza cadere nella dipendenza vera e propria, guasteranno i loro anni giovanili senza davvero sviluppare le loro potenzialit?. Non si fa esperienza a spese delle persone. Il comportamento che conduce alla tossicodipendenza non ha alcuna possibilit? di correggersi se i prodotti che rafforzano tale comportamento stesso sono messi in vendita liberamente.
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. Al contrario, come ha detto il Santo Padre: “la possibilit? di recupero e di redenzione dalla pesante schiavit?” della droga con metodi basati sull’accoglienza, la valorizzazione, l’educazione alla libert?, l’amore “? stata concretamente provata […] ed ? significativo che questo sia avvenuto con metodi che escludono rigorosamente qualsiasi concessione di droghe, legali o illegali”, che si tratti della droga stessa o di un suo sostituto. E il Papa Giovanni Paolo II aggiungeva, “la droga non si vince con la droga” (9).
22.
Diversi atteggiamenti sono possibili, di fronte al problema della droga, e tutti hanno la loro giustificazione. Tuttavia, a una politica di semplice “limitazione” o “riduzione” del danno, ammettendo come un fatto di civilt? che una parte della popolazione si droghi e vada verso la sua perdita, non sarebbe preferibile optare per una politica di vera prevenzione, mirante a costruire (o a ricostruire) una “cultura della vita” in questa “emarginazione” della nostra civilt? dell’efficienza?
( 1 ) PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA,
Dalla disperazione alla speranza, I, a, Libreria Editrice Vaticana, Citt? del Vaticano 1992, p. 6.( 2 )
Ibidem.( 3 ) Cfr. COMIT? CONSULTATIF NATIONAL D’?THIQUE POUR LES SCIENCES DE LA VIE ET DE LA SANT? (Paris),
Rapport sur les toxicomanies, in AVIS, n. 43, 23-11-1994, p. 13.( 4 ) La differenza tra tossicomania e alcoolismo ? stata sottolineata in questi termini dal Santo Padre Giovanni Paolo II:
“Esiste, certo, una netta differenza tra il ricorso alla droga ed il ricorso all’alcool: mentre infatti un uso moderato di questo come bevanda non urta contro divieti morali, ed ? da condannare soltanto l’abuso, il drogarsi, al contrario, ? sempre illecito, perch? comporta una rinuncia ingiustificata ed irrazionale a pensare, volere e agire come persone libere” (Discorso a conclusione della VI Conferenza Internazionale organizzata dal Pontificio Consiglio per la Pastorale degli Operatori Sanitari sul tema Contra spem in spem. Droga e alcool contro la vita, del 23-11-1991, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. XIV, 2, pp. 1248-1253 [p. 1251]).( 5 ) PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA,
doc. cit., p. 7.( 6 ) GIOVANNI PAOLO II, Messaggio al Dr. Giorgio Giacomelli, Sottosegretario Generale, Direttore Esecutivo del Programma Internazionale delle Nazioni Unite per il Controllo delle Droghe in occasione della Giornata Internazionale contro l’Abuso e il Traffico Illecito delle Droghe (26-6-1996), del 15-6-1996, in
L’Osservatore Romano, 16-6-1996.( 7 )
“Il tossicodipendente viene frequentemente da una famiglia che non sa reagire allo stress perch? instabile, incompleta o divisa” (PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA, doc. cit., I, b, p. 9).( 8 )
Ibid., III, a, p. 22.( 9 ) GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai partecipanti all’VIII Congresso mondiale delle Comunit? terapeutiche, Castel Gandolfo, del 7-9-1984, in
Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. VII, 2, pp. 345-352 (pp. 347 e 349).