Nonostante la presunta facilità dell’aborto chimico, restano molti aspetti inspiegati delle complicazioni derivate dall’uso del mifepristone. Ed è sempre difficile avere notizia di effetti indesiderati
Un dossier sulla Ru486. Già 29 le morti accertate
Il ministero: l’Aifa faccia chiarezza su questo farmaco
Avvenire, 23-6-2009. DA MILANO ENRICO NEGROTTI
La massima trasparenza nella valutazione dei dati è stata invocata dal sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, per rispondere con criteri di oggettività scientifica ai dubbi che la pillola abortiva continua a sollevare.
Uno studio dell’azienda produttrice, la francese Exelgyn, rivela rischi poco indagati, e non solo per l’interruzione della gravidanza Tra gli eventi avversi anche una gamba amputata per un’infezione
Suscitano tanti interrogativi i primi dati sulla Ru486 che trapelano dal dossier che è stato inviato al ministero della Salute dall’azienda produttrice, la francese Exelgyn, e da questo «girato» per competenza all’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) per una valutazione tecnico-scientifica.
Da quanto è stato rivelato dall’agenzia di stampa Adnkronos Salute, sono state ammesse 29 morti dall’uso della pillola abortiva, anche se non in tutti i casi l’utilizzo del farmaco era finalizzato all’interruzione di gravidanza, ma anche per un «uso compassionevole».
Il che apre ancora più ampi dubbi che dovranno essere colmati dal parere che il Comitato tecnico-scientifico (Cts) dell’Aifa
Dell’azione della Ru486, «Avvenire » è stato tra i più assidui a parlare per pretendere che le notizie sulle morti e sugli eventi indesiderati fossero resi noti e analizzati per una valutazione il più possibile obiettiva del farmaco. Soprattutto dopo che un editoriale del «New England Journal of Medicine» di quattro anni or sono aveva rivelato che, pur nella differenza di numeri assoluti, la mortalità in seguito all’aborto medico (o chimico) era dieci volte più alta di quella per aborto chirurgico, a dispetto della «favola» (come recita il titolo del libro dedicato alla Ru486 da Eugenia Roccella) che vuole far credere più facile e moderno il ricorso al farmaco per l’interruzione di gravidanza. Oltre al fatto – come ha ricordato domenica in un’intervista il sottosegretario Roccella – che è difficile che gli eventi avversi, e soprattutto quelli mortali, vengano alla luce: i casi hanno cominciato a emergere dopo che il padre di una diciottenne californiana morta dopo unl’interruzione di gravidanza chimico ha cominciato a indagare sulle morte dopo questo tipo di aborto.
Ora giunge il dossier dell’azienda produttrice che, pur non ammettendo legami diretti tra l’assunzione della Ru486 e i decessi, comunica che non sono solo 16 (o 17 come già segnalato da «Avvenire» nei mesi scorsi) i casi di morte per l’uso del mifepristone, bensì 29 nel periodo compreso tra il 28 dicembre 1988 e il 28 febbraio 2009. Ai quali andrebbero però aggiunti due decessi avvenuti solo dopo l’assunzione del secondo farmaco (il misoprostolo) che però è indispensabile al completamento della procedura abortiva, ma che l’azienda produttrice non ha mai indicato per uso abortivo.
Non solo morti però, emergono tra gli effetti avversi. Il caso più grave – pubblicato su «Obstetrics and Gynecology» – è relativo a una donna alla quale, dopo un aborto chimico con la Ru486, è andata incontro a un’infezione da Streptococco che ha reso necessario amputarle la gamba sotto il ginocchio. Del resto molti dei casi di morte sono stati attribuiti all’azione di un raro batterio ( Clostridium Sordelli), che si è presentato in misura straordinariamente frequente dopo l’uso del mifepristone. Va ricordato che, per la sua azione sugli ormoni, il mifepristone è da tempo indicato per la cura del morbo di Cushing, ed è stato anche sperimentato ( come testimoniato da pubblicazioni scientifiche) nella terapia antidepressiva.
Il Cts dell’Aifa si è riunito e darà una risposta alle richieste di chiarimento pervenute dal ministero. C’è da augurarsi che le risposte siano chiare ed esaustive su ogni singolo caso mortale, perché sempre quando si tratta dell’autorizzazione alla messa in commercio dei farmaci l’opinione pubblica è stata molto sensibile ai possibili effetti collaterali indesiderati. E un ultimo punto da chiarire è perché dovrebbe essere autorizzato l’uso off-label (cioè senza l’indicazione dell’azienda produttrice) di un farmaco (il misoprostolo) che è però indispensabile per completare la procedura abortiva: chi si assumerà la responsabilità di un qualunque evento avverso dovesse capitare per l’impiego di questo secondo farmaco?